Donne e Calcio
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Perché il calcio femminile è nato (e ha trionfato) negli Stati Uniti

A cura di Marta Elena Casanova

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Negli Stati Uniti, il calcio femminile è una potenza. Mentre in altri paesi e specie in Europa ha faticato per decenni a trovare spazi e dignità, negli USA ha conquistato stadie televisioni. Ma perché proprio lì è nato e si è sviluppato con così tanto successo? E perché proprio adesso, chi investe nel calcio italiano guarda con interesse anche al femminile?

Le radici americane del soccer in rosa

Il calcio femminile negli Stati Uniti non è nato per caso. A differenza di quanto avvenuto in Europa, dove il calcio è stato storicamente un terreno maschile, negli USA il “soccer” è arrivato come uno sport nuovo, senza un’eredità di genere troppo forte. Negli anni ’70, con l’approvazione del Title IX, una legge federale che imponeva pari opportunità tra uomini e donne anche nello sport scolastico e universitario, migliaia di ragazze iniziarono a giocare a calcio. Le scuole e le università, per rispettare la legge, cominciarono a finanziare programmi femminili tanto quanto quelli maschili. Ed ecco i risultati.

Quando il calcio maschile non funziona, vince quello femminile

Negli Stati Uniti il calcio maschile non ha mai avuto il fascino dei grandi sport nazionali come il football, il baseball o l’NBA. Il soccer, per decenni, è stato visto come uno sport “da bambini” o da praticare in età scolastica. Le leghe professionistiche maschili hanno faticato a decollare, e ancora oggi la Major League Soccer non compete con le big europee in termini di seguito o prestigio.

Nel frattempo, il calcio femminile cresceva. Le nazionali femminili USA hanno vinto quattro Mondiali e quattro medaglie d’oro olimpiche, diventando icone culturali e modelli di empowerment. Nomi come Mia Hamm, Abby Wambach o Megan Rapinoe sono entrati nella storia non solo dello sport, ma anche dei diritti civili e dell’attivismo sociale.

Il professionismo anticipato e la cultura della vittoria

Negli USA il calcio femminile è stato trattato fin da subito come un prodotto serio. La National Women’s Soccer League (NWSL) è oggi una delle leghe più strutturate al mondo. Giocatrici professioniste, sponsor, copertura mediatica: elementi che in altri Paesi sono arrivati tardi, o stanno ancora arrivando. Ma soprattutto, negli USA si è costruita una cultura della vittoria, in cui la nazionale femminile è vista come uno dei simboli dello sport a stelle e strisce. E questo, alla lunga, ha pagato.

Dall’America all’Italia: investimenti, cultura e donne nei club

Negli ultimi anni, diversi club maschili italiani sono stati acquistati da investitori americani. Roma, Milan, Fiorentina, Parma, Venezia, Spezia, solo per citarne alcuni, hanno visto cambiare la proprietà con l’arrivo di fondi e imprenditori a stelle e strisce. Ma insieme al capitale, è arrivato anche un modo diverso di intendere il calcio: più orientato al marketing, al prodotto, alla costruzione di una community più ampia.

In questo contesto, la presenza femminile nei consigli d’amministrazione, nei reparti comunicazione e marketing, o alla guida dei settori femminili non è una novità secondaria, ma un segnale chiaro: il calcio moderno non è solo maschile, e l’attenzione all’inclusività è parte della strategia.

Esempi? La Roma Femminile, già campione d’Italia, è diventata un modello virtuoso anche grazie a una struttura societaria moderna e integrata, dove la squadra femminile non è più un’appendice, ma un pilastro. Anche al Milan, dopo l’arrivo del fondo RedBird, la squadra femminile ha acquisito maggiore visibilità e importanza.

Il futuro passa da qui

Il successo del calcio femminile americano ci insegna che investire nelle donne fa parte di una giusta visione. In Italia si sta iniziando a capire che il calcio può crescere solo se si allarga, se include, se valorizza tutte le sue risorse.

A cura di Marta Elena Casanova

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