Gianni Rivera è stato il calciatore che, più di ogni altro, tra gli anni sessanta e settanta, ha lasciato il segno sia dentro che fuori dal campo. In campo per la sua tecnica sopraffina, fatta di passaggi millimetrici e di tiri precisi accompagnati da una grande personalità. Fuori perchè le sue esternazioni non erano mai banali, tanto da permetterli di intraprendere anche la carriera politica nel parlamento italiano a fine carriera.
Indice
Gli inizi
Giovanni Rivera nasce ad Alessandria il 18 agosto 1943, da una famiglia normale, suo padre fa il ferroviere, la mamma è casalinga ed ha un fratello minore Mauro. Inizia a tirare i primi calci nell’oratorio di Don Bosco e nel fra tempo riesce a prendere la licenza media ed iscriversi alle superiori in una scuola tecnica che abbandonò quando debuttò in serie A.
Fu suo padre che lo indirizzò verso le giovanili dell’Alessandria quando aveva appena tredici anni, da li nel giro di appena tre anni, prima che ne compisse sedici, debuttò in serie A. Già quando stava nelle giovanili lo vide giocare Silvio Piola, ex grande attaccante della nazionale italiana che disse:
“Alla sua età le cose che sa fare lui neanche le pensavo”
Alessandria prima squadra
Il primo contatto con la prima squadra fu ad aprile del 1958, l’allenatore Franco Pedroni lo utilizzò in una amichevole contro una squadra svedese. Rivera aveva appena quattordici anni, superò la prova brillantemente, segnando anche un gol. Da li nella stagione successiva entrò in pianta stabile in prima squadra, dove debuttò in serie A il 2 giugno del 1959 nella partita Alessandria – Inter che terminò per 1 – 1.
Per farlo giocare, avendo meno di sedici anni, la società dovette chiedere una autorizzazione speciale alla federazione. Fin dalla prima partita si fece ammirare per la sua tecnica, la precisione dei passaggi in profondità e un tiro molto preciso. Da quel momento tutti inizieranno ad ammirare quello che poi diventerà uno dei più forti calciatori che il calcio italiano abbia mai avuto. Il suo primo gol in serie A lo realizzò nella partita Alessandria – Sampdoria ad ottobre 1958.
Il Milan
Questo ragazzino con un fisico mingherlino che in campo faceva quello che voleva con la palla tra i piedi, attirò l’attenzione di tutti, ma fu il Milan a muoversi più velocemente. Tramite Gippo Viani, gli fecero fare un provino a Milano sotto lo sguardo del grande Schiaffino, che risultò positivo e ne acquisirono la comproprietà, lasciandolo ancora un anno ad Alessandria. Nella stagione 1959/60 la squadra piemontese retrocesse, anche se Rivera segnò sei reti e venne convocato in nazionale per le olimpiadi di Roma.
A giugno il Milan riscattò l’altra metà e versò nelle casse del club piemontese 65 milioni di lire, cifra molto importante per quei tempi, in più arrivarono altri due calciatori Migliavacca e Bettini. Il debutto con la maglia rossonera avvenne il 18 settembre 1960 in una partita di coppa Italia, proprio contro l’Alessandria, mentre in campionato esordì contro il Catania. In quell’anno venne utilizzato sulla parte destra e il suo rendimento non fu molto convincente, anche se alla fine realizzò sei reti.
Arrivo di Rocco
L’arrivo dell’allenatore Nereo Rocco diventò fondamentale per la storia calcistica di Rivera, tanto da farli dire che il tecnico triestino era per lui un secondo padre. Con l’arrivo di Rocco iniziò la vera carriera di Rivera al Milan, lo utilizzò da regista alle spalle degli attaccanti e in coppia con il grande brasiliano Dino Sani costituì la soluzione ideale per mandare in gol l’altro brasiliano Josè Altafini.
Prime vittorie in Italia e in campo internazionale
A lanciarlo a livello internazionale ci furono le prime convocazioni nella nazionale maggiore nel 1962, dove fu per quindici anni uno dei protagonisti principali, la conquista dello scudetto nello stesso anno e la prima vittoria in coppa dei Campioni del Milan contro il Benfica nel 1963. In questa partita fu decisivo per ribaltare il risultato offrendo due assist che portarono alla realizzazione di due reti. Inoltre in quell’anno arrivò secondo nella corsa al pallone d’Oro dietro il sovietico Lev Jasin. Dopo la vittoria del 1963, il Milan si indebolì dal punto di vista societario per la fine della gestione Rizzoli e poi anche per la partenza di Nereo Rocco verso il Torino.
Anche sul campo, dal punto di vista tattico, con la partenza di Dino Sani, ci furono dei problemi sulla sua collocazione. Tutto questo si riversò sui risultati deludenti nelle stagioni successive. Nel campionato 1964/65 la squadra perse il campionato lasciandosi rimontare sette punti dall’Inter e nelle successive due stagioni non andò oltre le posizioni di metà classifica. Anche in questi momenti di difficoltà Rivera diventò il punto di riferimento della squadra e nella stagione 1966/67 indossò per la prima volta la fascia di capitano realizzando 12 reti, record personale fino a quel momento.
Nel 1967 diventò presidente Franco Carraro che riportò al Milan Nereo Rocco e da li ripartì un nuovo periodo positivo per i colori rossoneri. In quel Milan, Rivera giocava dietro due formidabili attaccanti, Sormani e un giovane Pierino Prati che insieme ad Hamrin consentirono di creare un attacco che portò immediatamente risultati importanti.
Rivera segnò 11 reti e la squadra vinse lo scudetto nel 1967/1968. L’anno successivo fu protagonista assoluto nella conquista della seconda Coppa dei Campioni in finale contro l’Ajax vinta per 4-1 con due gol che esaltarono il suo talento infinito. Insieme a Giovanni Trapattoni fu l’unico ad aver vinto entrambe le due Coppe Campioni. Nello stesso anno ad ottobre i rossoneri conquistarono la Coppa Intercontinentale contro gli argentini dell’Estudiantes e Rivera segnò una rete nella gara di ritorno. Il 22 dicembre 1969 Rivera vinse il pallone d’Oro, diventando il primo italiano a conquistarlo, alle sue spalle arrivò Gigi Riva. Il giornalista di France Football Max Urbini motivò l’assegnazione dichiarando:
“Il riconoscimento premia il talento calcistico allo stato puro. Rivera è un grande artista che onora il football”
Gianni Rivera e la nazionale
In nazionale fu assoluto protagonista, dal 1962 anno del suo esordio, fino al 1974 anno del suo ultimo mondiale. Partecipò a quattro mondiali, diventando vice campione del mondo nel 1970, mondiale che lo vide protagonista assoluto in campo nella famosa partita Italia – Germania 4-3, infatti realizzò il gol decisivo dopo che era stato involontario protagonista del pareggio dei tedeschi.
Fu anche protagonista per la finale, l’allenatore Valcareggi gli fece giocare gli ultimi sei minuti, questo determinò mille discussioni da parte dell’opinione pubblica, in quanto doveva esserci tra il primo e il secondo tempo la famosa staffetta con Sandro Mazzola come nelle altre partite e questo non avvenne. Secondo molti, questa decisione di Valcareggi, determinò la sconfitta contro il Brasile e da li nacquero molte discussioni con il commissario tecnico. In nazionale vinse l’Europeo del 1968 a Roma, giocò 60 partite e realizzò 14 reti.
Rivera e gli arbitri
Avendo una grande personalità, si scontrò spesso con le decisioni dei direttori di gara e con uno in particolare: Concetto Lo Bello di Siracusa. Ogni qual volta si incontravano sembrava uno scontro al duello tra i due, tant’è che il famoso giornalista Gianni Brera disse:
“Due galli in un pollaio non possono stare”
Oltre che con Lo Bello anche con un altro arbitro ebbe una forte discussione: Alberto Michelotti di Parma. Questi in una partita Cagliari – Milan, diede un calcio di rigore a favore dei sardi, che fu contestato fortemente da Rivera. Da li ci furono pesanti insinuazioni contro il designatore arbitrale Giulio Campanati che li costarono tre mesi e mezzo di squalifica.
Ultimi anni di carriera
A partire dalla stagione 1973/74 s’incrinò il rapporto con il presidente Albino Buticchi: l’allontanamento di Rocco lasciò Rivera sconvolto. La situazione si aggravò l’anno seguente quando il proprietario del club lo voleva cedere al Torino in cambio di Claudio Sala, ed entrò in conflitto con il nuovo allenatore Gustavo Giagnoni.
Nel maggio del 1975 Rivera annunciò il proprio ritiro dall’attività agonistica e poi riuscì per interposta persona a rilevare la società con il ritorno di Rocco in panchina. Gli ultimi anni furono turbolenti per le vicende societarie ma l’ultimo anno di attività agonistica consentirono nella stagione 1978/79 a Rivera di partecipare alla vittoria dello scudetto e la conquista della prima stella del club rossonero.
La sua ultima partita in rossonero fu Lazio-Milan 1-1 il 13 maggio del 1979 dopo 501 partite in serie A e 128 reti, risultando il centrocampista che ha segnato più gol nella storia del calcio italiano. Nella conferenza d’addio al calcio disse:
“Non mi reggevano più le gambe e non volevo finire in ginocchio nel corso di una partita”
Controversie con la stampa
Di lui lo storico inglese John Foot scrisse: “Non fu mai universalmente amato, e fu oggetto di una delle campagne giornalistiche a sfavore più intense nella storia del calcio”. Nel 1972 in un’intervista dichiarò: “Ogni partita per me è un esame, sono quindici anni che continuo a sostenere esami e sono stufo: non mi promuovono mai del tutto, c’è sempre chi ha delle riserve”.
Detrattore del suo modo di giocare e per il suo fisico fu Gianni Brera, che sin dalla militanza nell’Alessandria, gli attribuì l’ironico soprannome di origine letteraria di “Abatino”, inserendolo in una categoria di centrocampisti “molto dotati sul piano stilistico ma deficitari di qualità agonistico-atletiche”. Sempre Brera disse: “Penso che Rivera sia un grandissimo stilista, molto intelligente e, come tale, sempre in grado di intuire quale sia la situazione migliore per se. Non sa correre, non è un podista, altrimenti sarebbe un grande interno. Invece per me lui è un grande mezzo giocatore”. Da parte di una certa stampa veniva accusato di non riuscire a coprire una parte di campo e che questo dava un vantaggio agli avversari.
Dopo calcio
Anche dopo il termine della carriera agonistica, fu un grande protagonista nel mondo sportivo. Inizialmente si occupò di far risalire il Milan in serie A, dopo la retrocessione in B nel 1980. Ma quando nel 1986 il club venne acquistato da Silvio Berlusconi, abbandonò per dedicarsi alla attività politica, dove venne eletto parlamentare per quattro legislature. Terminata l’avventura in politica, dove fu anche sottosegretario, lavorò in federazione come responsabile del settore tecnico e dove prese anche il patentino per allenare squadre professionistiche. Tra le tante cose da ricordare su Gianni Rivera è che fu, insieme a Sandro Mazzola, il fondatore dell’associazione calciatori, che nacque per la difesa dei diritti degli stessi calciatori.
Alla fine di questo racconto, su questo grande personaggio del calcio italiano e internazionale, possiamo affermare che è stato uno dei più grandi che hanno calcato i campi di calcio, è stato molto divisivo nelle varie componenti del mondo calcistico, ma non è mai stato banale in quello che ha detto e in quello che ha fatto su un terreno di gioco.
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