A cura di Marta Elena Casanova
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Negli ultimi anni il tema dei giovani talenti nel calcio italiano è stato al centro di dibattiti appassionati e spesso controversi. Da una parte, c’è la consapevolezza che il nostro sistema giovanile fatichi a competere con quelli di altri Paesi europei come Germania, Francia o Olanda; dall’altra, emergono esempi concreti di club che stanno investendo con successo in un modello di valorizzazione e crescita dei giovani, sia per ragioni sportive che economiche.
Il problema della mancanza di investimenti diffusi
Secondo i dati del CIES Football Observatory (2024), solo il 12% dei minuti giocati in Serie A è affidato a calciatori under 21, contro il 25% della Bundesliga e il 22% della Ligue 1. Questa differenza riflette una minore fiducia nei giovani e una maggiore dipendenza da giocatori esperti o stranieri.
Inoltre, il numero di giovani italiani titolari in Serie A è in calo rispetto a dieci anni fa, mentre campionati come la Liga e la Bundesliga mostrano un trend opposto, con una crescita costante nell’utilizzo di talenti locali.
I club virtuosi: modelli di riferimento e casi di successo
Nonostante queste criticità, esistono esempi di club italiani che stanno cambiando passo, puntando seriamente sullo sviluppo e la valorizzazione dei giovani. Squadre come l’Atalanta, il Sassuolo, l’Empoli e in parte anche il Torino hanno costruito modelli di scouting e formazione efficaci, in grado di scovare talenti spesso anche stranieri, portarli in prima squadra e poi cederli a cifre importanti, generando plusvalenze fondamentali per la sostenibilità economica.
Il caso di Rasmus Højlund, passato dall’Atalanta al Manchester United per oltre 70 milioni di euro, rappresenta un esempio lampante di come un investimento intelligente sui giovani possa portare enormi ritorni economici e sportivi.
La sfida culturale e strutturale
Tuttavia, queste realtà restano isolate rispetto al panorama generale del calcio italiano. La Bundesliga, ad esempio, ha il più alto indice di valorizzazione dei giovani, grazie a politiche di investimento strutturato nei settori giovanili e una cultura più aperta al ricambio generazionale.
La Serie A, invece, soffre ancora di una cultura del risultato immediato che penalizza la crescita interna. Il rischio è quello di trasformare i giovani in meri asset finanziari, una tendenza che genera plusvalenze ma può compromettere la competitività sportiva a lungo termine.
Prospettive per il futuro
Per colmare il gap con le altre grandi leghe europee, il calcio italiano deve puntare su investimenti strutturati nei settori giovanili, maggiore fiducia e spazio in prima squadra ai giovani under 21, politiche di scouting innovative e sostenibil, che portino ad un bilanciamento tra sviluppo tecnico e sostenibilità economica
Solo così si potrà costruire un sistema capace di far crescere nuovi talenti, mantenendo l’Italia competitiva sul piano sportivo e finanziario.
A cura di Marta Elena Casanova