Di Andrea Caropreso
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Con l’arrivo di una nuova sessione di calciomercato si torna a parlare di indice di liquidità e dei rispettivi parametri che occorrono affinché si sia in regole con le normative poste dalla Federcalcio. Già in passato questo strumento, salito all’attenzione dei media soprattutto nel periodo post Covid, aveva destato perplessità tra gli addetti ai lavori. Memorabili in questo senso le parole dell’allora (ma anche attuale) allenatore della Lazio Maurizio Sarri che, in modo meno edulcorato, aveva risposto ai giornalisti affermando di essere totalmente ignaro su come funzionasse.
Cos’è l’indice di liquidità
Dal 2015 la Federcalcio ha introdotto quello che viene definito come indice di liquidità, vale a dire uno strumento che, attraverso vari criteri, determina se una società può permettersi di tesserare nuovi calciatori oppure no. Attualmente il valore minimo dell’indice è 0,8, mentre nelle stagioni passate era stato più basso (0,6 o anche 0,7).
Per capire bene cosa significa facciamo un esempio pratico. Se un club ha attività correnti per 40 milioni e passività correnti per 50 milioni rientra nell’indice perché la divisione delle due cifre (40/50) fa appunto 0,8. In altre parole un deficit ammissibile secondo i parametri della Federcalcio.
Lazio: come l’indice di liquidità blocca il mercato
Chi sta incappando in questo meccanismo finanziario e ha le operazioni al momento bloccate è la Lazio. Il club di Lotito infatti in questo momento non può operare sul mercato perché è ben lontana dal raggiungimento dell’indice di liquidità imposto. Per questa ragione la società biancoceleste si ritrova a poter spendere solo in relazione a quanto incassa. Banalmente quindi se Tchaouna viene venduto in Premier per 13 milioni, il Direttore Sportivo Fabiani non potrà discostarsi da questa somma per reinvestire l’assegno incassato su un calciatore in entrata.
Situazione | Conseguenza sul mercato |
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Indice ≥ 0,8 | ✅ Libertà di operare | La società può acquistare e tesserare nuovi giocatori liberamente |
Indice < 0,8 | ⛔ Blocco del mercato in entrata | La FIGC vieta di registrare nuovi contratti finché l’indice non viene sistemato |
Indice < 0,8 ma con deroga | ⚠️ Mercato possibile con restrizioni | A volte la FIGC concede deroghe parziali, ma con paletti su costi o numero di tesseramenti |
Indice ripristinato | 🔓 Blocco revocato | Se la società migliora i conti (es. vendite, aumento di capitale), torna a operare sul mercato |
L’indice di liquidità in passato ha già tenuto con le mani legate sia la stessa Lazio e altri club come la Juventus o la Sampdoria. Tuttavia questo spauracchio per le società italiane dal 1 gennaio del 2026 è destinato a finire perché il parametro che conterà sarà l’indicatore del costo allargato, ossia rapporto tra il costo della rosa (quindi gli ammortamenti per i cartellini, gli ingaggi lordi e le commissioni per gli agenti) e i ricavi del club.
Verso l’allineamento con i parametri UEFA
Il progressivo abbandono dell’indice di liquidità per muoversi sul mercato è finalizzato ad un maggiore allineamento con quelle che sono le direttiva UEFA. Se quindi è vero che per anni in Italia questo parametro è stato, come abbiamo spiegato, dirimente per far sì che una società potesse muoversi sul mercato, in futuro si andrà verso il modello imposto dalla massima organizzazione del calcio europeo.
Questo modello per certi versi sarà tuttavia ancora più stringente. Non basterà infatti avere liquidità corrente ma occorrerà un modello di gestione sostenibile nel tempo. In termini numerici ciò significa che ogni club dovrà dimostrare che i costi sostenuti non superino una determinata percentuale del proprio fatturato. Questa sarà del 70% per la stagione a venire 2025/26.
In altre parole quindi non basterà più cedere un big entro il 30 giugno (tema che viene riproposto in questi giorni in chiave Roma ad esempio), ma piuttosto bisognerà avere una struttura economica solida che possa rappresentare la base su cui costruire un modello sostenibile per tutti i club europei.