A cura di Marta Elena Casanova
Seguici sui social per rimanere aggiornato sulle ultime notizie del calciomercato: Instagram, Facebook e X.
Indice
Le esclusioni di Taranto e Turris dal campionato di Serie C 2025 , e i grandi problemi della Lucchese, sull’orlo del fallimento, non sono soltanto delle brutte notizie per i tifosi e le rispettive città. Sono il segnale che il sistema va cambiato. Che la terza serie del calcio italiano non può più permettersi di essere il fanalino di coda, in bilico tra dilettantismo e professionismo. Adesso una riforma esiste, e porta il nome di uno che di sogni se ne intende: Gianfranco Zola.
Le esclusioni: un altro campanello d’allarme
La mancata iscrizione di Taranto e Turris ha riportato al centro del dibattito il tema della sostenibilità economica della Serie C. Stipendi non pagati, bilanci fuori controllo, stadi fatiscenti: ogni estate si ripete lo stesso copione, con squadre che spariscono dai radar per poi riapparire in D, se va bene. E ogni volta ci si chiede come sia possibile che un campionato professionistico viva in condizioni così precarie.
Riforma Zola per una Serie C laboratorio di futuro
La “Riforma Zola”, presentata alla fine del 2024 e già attiva dalla stagione 2025-2026, è una rivoluzione silenziosa ma ambiziosa. Voluta dal vicepresidente della Lega Pro, punta a trasformare la Serie C nel cuore pulsante del calcio italiano. Non più solo categoria di passaggio ma officina di talenti, fucina di idee, palco dove far crescere il calcio di domani.
Al centro del progetto, ci sono tre parole chiave: giovani, formazione e sostenibilità. Tre concetti che sembrano semplici ma che, messi insieme, possono cambiare il destino di un intero movimento.
Incentivi per i vivai: chi fa crescere i giovani, vince due volte
Il punto della riforma sta qui, nel premiare concretamente le società che investono sui giovani cresciuti nel proprio vivaio. A partire da questa stagione, i club che schierano in campo calciatori formati internamente riceveranno premi economici fino al 400% in più rispetto al vecchio sistema. Una svolta clamorosa.
Ma non è solo una questione di soldi: si tratta di costruire un’identità. Ogni squadra dovrà avere almeno otto giocatori cresciuti nella proopria rosa entro il 2029. Otto ragazzi che conoscano la maglia, la città, la gente. Otto volti su cui costruire un progetto, non un semplice mercato.
Per anni si è detto che il calcio italiano non dà spazio ai giovani. Che i talenti scappano all’estero, che i nostri vivai sono pieni di promesse mai mantenute. Ora la Serie C si assume la responsabilità di invertire la rotta, e lo fa partendo dalle fondamenta.
Gianfranco Zola non è solo il volto della riforma. È anche la sua anima. “Senza la Serie C non avrei mai avuto la carriera che ho avuto”, ha dichiarato l’ex fantasista. “Volevo fare qualcosa di concreto per i giovani, e oggi possiamo dire che ci stiamo riuscendo. La speranza è che nei prossimi anni dal nostro campionato passino i futuri numeri dieci della nazionale”.
I primi dati sono incoraggianti, già nella stagione in corso, infatti, oltre il 70% delle squadre ha utilizzato almeno un calciatore proveniente dal proprio settore giovanile. I minuti in campo dei primavera sono aumentati sensibilmente, e i talent scout delle categorie superiori stanno tornando a guardare con interesse la Serie C.
È tempo di capire che costruire un futuro solido non è una spesa, ma un investimento. E forse, proprio dalle difficoltà, può nascere il calcio italiano che verrà.
A cura di Marta Elena Casanova