Di Andrea Caropreso
Indice
Seguici sui social network per rimanere aggiornato sulle ultime notizie ed esclusive sul calcio estero: Instagram, Facebook e X.
Ormai è diventato un tormentone, quasi come quelli estivi. Nel calcio moderno i top club sono costretti a giocare almeno 50 partite all’anno. Con la conseguenza che gli infortuni aumentano, la qualità dello show diminuisce e gli allenatori non sono contenti. Ma perché si gioca così tanto? Semplice, per essere sostenibili.
Come sostenuto qualche tempo fa dal numero 1 della UEFA Aleksander Ceferin «i club ne hanno bisogno per pagare stipendi e premi. Però siamo arrivati al limite, oltre non si può più andare però se giochi meno, gli stipendi si riducono».
Il bisogno degli introiti
Un esempio molto semplice per rendere l’idea attiene alla nuova Champions League. La nuova formula della massima competizione continentale ha previsto nel calendario dei club dalle 2 alle 4 giornate in più (in caso di qualificazione al playoff valido per l’accesso agli ottavi). Un format sicuramente affascinante che ha convinto in tanti, ma che è stato ideato e messo in pratica proprio per volontà dei club. Quest’ultimi hanno lungamente agognato una competizione nella quale i premi fossero più alti per far fronte ai bisogni delle casse della società.
Dopo il periodo nero del Covid infatti alcuni top club con l’acqua alla gola (leggasi Barcellona, Real Madrid e Juventus) avevano gettato le basi per la nascita della Superlega. Una competizione nella quale i premi messi a disposizione sarebbero stati pari a 5 miliardi all’anno da distribuire alle varie società. Pertanto, la UEFA, dopo il tira e molla per mettere la pietra tombale su questa competizione, ha dovuto andare incontro ai club costruendo una Champions più ricca. Come farlo? Aumentando le partite e dunque gli sponsor. Ergo è come un cane che si morde la coda.
I premi delle competizioni
Prendiamo come esempio la Juventus che nell’arco di una stagione ha giocato 5 competizioni: campionato, coppa nazionale, supercoppa nazionale, Champions League e Mondiale per Club FIFA che si disputerà ad inizio estate. Se il club bianconero fosse andato avanti in tutte le competizioni avrebbe potuto toccare il 14 luglio la cifra di oltre 60 partite in una stagione. Numeri folli di cui sono consapevoli anche i vertici del club, ma da cui non si può prescindere in virtù degli introiti garantiti da queste manifestazioni.
Tralasciando il campionato e la coppa nazionale, che pure garantiscono un tot di milioni, la Juventus si sobbarcata nel bel mezzo della stagione una trasferta in Arabia Saudita pur di giocare la supercoppa nazionale con Milan, Atalanta e Inter in virtù del fatto che gli arabi garantivano 8 milioni alla vincitrice e 5 milioni alla finalista. Numeri a cui si sarebbero aggiunti quelli legati alla vendita del merchandising e dunque all’esportazione del marchio.
La stessa nuova Champions mette a diposizione quasi 3 miliardi di euro da distribuire ovviamente alle 36 squadre partecipanti. Ciascuno dei 36 club qualificati per la fase a gironi ha ricevuto 18,62 milioni di euro (premio in crescita rispetto a quello dell’edizione precedente che era di 15,64 milioni). E chi approderà in finale se ne metterà in tasca altri 18. Cifre che possono essere tali soltanto grazie all’aumento globale del numero di partite.
Quali soluzioni?
Una soluzione a questo fenomeno in continuo aumento in realtà non c’è. Ciò che potrebbe essere messo in pratica è una riduzione complessiva dell’indotto che il calcio genera. Se infatti i club accettassero di ridurre i costi e anche tutto il comparto accettasse di ricevere salari meno elevati, forse si potrebbe arrivare ad una riduzione del numero di partite.
Un tema che qualche tempo fa fu affrontato anche da Ancelotti che lanciò l’allarme. L’allenatore emiliano sostenne che i calciatori sarebbero anche disposti ad una riduzione del proprio ingaggio pur di avere più respiro ed evitare uno stress psicofisico non indifferente. Ecco, forse questa sarebbe l’unica strada, ma risulta difficile credere che quando poi si arriva a toccare il proprio portafoglio possa essere un’opzione ben gradita.
Di Andrea Caropreso