a cura di Lorenzo Federici – Studio Legale e Tributario Russo De Rosa Associati
Indice
Financial Fair Play
Il Financial Fair Play, inteso quale sistema di vincoli introdotto per la salvaguardia del sistema del calcio in un’ottica di auto sostenibilità delle singole società sportive, oggi rappresenta un limite per lo sviluppo dei campionati diversi dalla Premier League. Le differenze economiche tra la massima serie inglese e gli altri campionati europei, infatti, risultano sempre più nette e tale circostanza si ripercuote, inevitabilmente, sulla capacità economica delle altre squadre europee (ad eccezione di alcuni casi isolati, quali, tra i più recenti, di Real Madrid e Paris Saint Germain) e, conseguentemente, sul rispetto dei vincoli imposti dalla UEFA con il Financial Fair Play.
Tale premessa non rappresenta, né vuole essere, una accusa di favoreggiamento da parte delle istituzioni sportive europee nei confronti della Premier League, alla quale va, invece, riconosciuto il merito di aver creato la miglior competizione nazionale attualmente in circolazione. Tale riconoscimento, infatti, è evidente osservando i ricavi generati dai proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi e la relativa ripartizione tra i club partecipanti al campionato.
Ai fini di chiarezza espositiva, si noti, ad esempio, che per la stagione 2021/2022, il Norwich, classificatosi ultimo nella classifica di Premier League, ha beneficiato di introiti pari a circa Euro 116milioni a titolo di diritti televisivi, mentre l’Inter, squadra vincitrice della Serie A, ha incassato “solamente” 84milioni (i.e. il Venezia, classificatosi ultimo in classifica, ha incassato circa Euro 26milioni).
Diviene pertanto agevole comprendere come la situazione finanziaria di un club appartenente alla massima serie inglese riesca a rispettare i “paletti” richiesti dal Financial Fair Play sostenendo al tempo stesso acquisti e stipendi di “rilievo”.
La crisi del sistema calcistico
L’introduzione di un sistema di controllo e gestione della situazione finanziaria del sistema calcistico cominciò a divenire un argomento preminente a partire dagli anni ’90 nel corso dei quali l’indebitamento complessivo del sistema, a livello europeo (concentrandosi soprattutto in Italia e in Spagna), raggiunse i 7/8 miliardi di euro. La sostenibilità del sistema divenne sempre più a rischio (il fallimento di squadre come Fiorentina, Parma e Perugia ne sono la riprova) e, in un primo momento, la UEFA provò ad arginare e limitare tale crisi con l’introduzione del cd. Sistema delle Licenze UEFA, entrato ufficialmente in vigore nella stagione 2004-2005.
Questo sistema, la cui analisi non troverà in questa sede la necessaria disamina, si basa su un sistema di rilascio delle cd. Licenze UEFA, il cui ottenimento è essenziale per la partecipazione del club alle competizioni europee. La licenza, avente durata annuale, viene rilasciata a seguito della verifica di una serie di requisiti, tra cui quelli economico-finanziari, il cui rispetto è stato (e viene tuttora) considerato come essenziale al fine di garantire la continuità aziendale dei club.
Con il tempo, tale sistema si è rivelato però insufficiente a perseguire gli obiettivi prefissati e l’aumento dell’indebitamento portò l’amministrazione Platini all’elaborazione di un nuovo sistema volto ad integrare quello delle Licenze UEFA.
Introduzione ed evoluzione del FFP
Il Financial Fair Play, approvato nel 2009 dalla UEFA sotto la gestione Platini, è entrato in vigore per la prima volta nel 2011, in risposta al sempre maggiore indebitamento che coinvolgeva i maggiori club europei, soprattutto italiani, che ricorrevano ad un indebitamento insostenibile pur di mantenere
la propria competitività a livello europeo, non avendo alcun riguardo alla salute finanziaria delle società. L’obiettivo principale alla base dell’introduzione del FFP era, ed è tuttora, quello di salvaguardare la redditività e la sostenibilità del calcio nel lungo periodo, tutelando altresì i creditori dei club.
Su tali presupposti, il FFP, così come introdotto, si basa su un duplice pilastro, ovvero:
- l’assenza di debiti scaduti (cd. “No Overdue Payables”) relativi, in particolare, ai debiti verso altri club, verso i dipendenti nonché verso l’erario e gli enti previdenziali; e
- il conseguimento del pareggio di bilancio tra ricavi e costi (cd. “Break-even Rule”), ove i ricavi e i costi rilevanti ai fini di tale pareggio, nella sostanza, sono per lo più quelli preminenti al business sportivo; sono da escludersi, ad esempio, (i) i ricavi derivanti da operazioni concluse con parti correlate, per la parte eccendente il concetto del cd. fair value, ovvero per valori eccedenti quelli che normalmente sarebbero conclusi con parti terze indipendenti, e le operazioni prettamente non calcistiche, e (ii) i costi impiegati per lo sviluppo del calcio (femminile e giovanile), delle infrastrutture e delle imposte.
Il mancato rispetto di tali requisiti/regole di condotta potrebbe costituire, in base alla gravità e alla reticenza delle violazioni, fondamento per una serie di provvedimenti europei tra i quali, ad esempio, la multa, la decurtazione dei punti, la limitazione del numero di giocatori da inserire nelle liste di partecipazioni alle competizioni UEFA, la squalifica dalle competizioni stesse e/o la revoca di un titolo stesso.
Fermo restando l’eventuale prova della violazione e conseguente commissione della relativa sanzione, il sistema, anche in ottica di mitigare le sanzioni e favorire il coinvolgimento positivo dei club trasgressori, ha dapprima previsto il meccanismo “conciliatorio” del cd. “Settlement Agreement”, con il quale, a fronte dell’effettiva constatazione dell’infrazione da parte della UEFA, il club indiziato potrebbe conseguire, dichiarando la propria colpevolezza, un accordo con la UEFA dal quale deriverebbe, a fronte di una mitigazione delle sanzioni previste per le violazioni riconosciute dal club, l’assunzione di determinati obblighi di adeguamento del bilancio.
Il sistema così delineato è stato successivamente integrato nel 2015 tramite l’introduzione del cd. “Voluntary Agreement” la cui differenziazione rispetto al “Settlement Agreement” risiede, sostanzialmente, nella informativa volontaria da parte del singolo club nei confronti della UEFA della circostanza del mancato rispetto dei criteri del Financial Fair Play. La ratio di tale strumento sta, ovviamente, nell’evitare (e ove non possibile, mitigare ulteriormente) l’irrogazione di potenziali sanzioni a fronte di una prospettata garanzia di rientro delle violazioni dichiarate e dello sgravio procedurale conseguito in favore della UEFA stessa.
Il FFP, nella versione di cui sopra, si è scoperto ben presto essere lacunoso; immediatamente dopo la sua introduzione, infatti ci si è resi conto che il sistema così strutturato non consentiva di evitare determinate pratiche definibili come “convenzionalmente” unfair. Tra queste è possibile sicuramente citare:
- i trasferimenti degli atleti conclusi tra club riconducibili alla medesima famiglia/entità a condizioni evidentemente non di mercato ma di “convenienza”. Senza alcuno specifico riferimento, anche oggi vi sono club, appartenenti a campionati differenti ma riconducibili alla medesima proprietà, che, con costanza, si scambiano giocatori senza generare, effettivamente, transazioni al fair value;
- la pratica diffusa dei cd. “finti prestiti”: i club, che intendevano comprare un giocatore, richiedevano di concludere il trasferimento tramite la formula del prestito con diritto di riscatto così da poter iscrivere la spesa a bilancio nel corso dell’esercizio successivo. Tra i casi più eclatanti di ricorso a tale pratica si può sicuramente citare il trasferimento di Mbappé dal Monaco al Paris Saint Germain concluso con prestito più diritto di riscatto a 180milioni;
- le non regolamentate e non comunicate commissioni sostenute dai club nei confronti dei procuratori sportivi (precedentemente identificati come intermediari sportivi).
Anche per ovviare alle summenzionate problematiche, nel 2018 la UEFA, sotto la gestione di Aleksander Ceferin, ha nuovamente modificato il sistema regolatorio con il dichiarato fine di favorire una maggiore trasparenza delle finanze dei club, esplicitando la funzione anticipatoria delle potenziali crisi economico-finanziarie del sistema. Tali obiettivi sono stati perseguiti, inter alia, mediante l’introduzione di una serie di obblighi di trasparenza e di indicatori di sostenibilità del debito dei club.
Tra questi si ricordano gli obblighi:
- di comunicare (i) le operazioni concluse con i club riconducibili alla medesima proprietà, indicando altresì i criteri in forza dei quali è stato determinato il valore di trasferimento, e (ii) le commissioni riconosciute agli agenti e agli intermediari;
- di iscrivere nel bilancio corrente il valore dei trasferimenti perfezionati con la formula del prestito con diritto di riscatto non procedendo, invece, all’annotazione nel bilancio d’esercizio successivo delle voci relative al riscatto.
Il Financial Sustainability Regulations
Il sistema di controllo e gestione dell’indebitamento introdotto con il Financial Fair Play è stato poi sostituito lo scorso aprile 2022 grazie all’introduzione del nuovo protocollo “UEFA Licensing and Financial Sustainability Regulations”. La crisi economica generata dalla diffusione del virus Covid- 19 ha, infatti, aggravato la situazione finanziaria dei club calcistici, ponendo l’attenzione su altre tematiche fino ad allora “trascurate” dal sistema delle licenze e del FFP, soprattutto nell’ottica di soddisfare i relativi creditori e di arginare determinate practices elusive del FFP utilizzate dai club.
In considerazione delle summenzionate circostanze, tutt’altro che prevedibili, i club ricorrono sempre più ai “ripari” tramite l’implementazione e l’intensificazione delle practices “elusive” ai divieti UEFA: tra queste sono sicuramente da annoverare i casi delle cd. sponsorizzazioni “mascherate” o “gonfiate” e dei trasferimenti perfezionati al “non fair market value”.
Le prime prevedono sostanzialmente l’erogazione, mediante società controllate dalla medesima proprietà del club beneficiario o società in altro modo “influenzate”, di sponsorizzazioni che, in realtà, tramite scritture separate, si concretizzavo in un finanziamento tra privati ovvero in sponsorizzazioni di importi ingiustificati rispetto all’effettivo ritorno economico-pubblicitario di cui avrebbe potuto beneficiare lo sponsor; la normativa del FFP prevedeva, infatti, il limite del 30% rispetto alle entrate per le sponsorizzazioni derivanti da cd. parti correlate. Senza entrare nel merito della vicenda, di tale practice venne accusata dalla UEFA il Manchester City, il quale però venne assolto dall’autorità competente nel 2020 per insufficienza probatoria.
La seconda practice, invece, relativa a trasferimenti perfezionati al “non fair market value”, risulta essere diffusa soprattutto nei trasferimenti che coinvolgano uno scambio di giocatori ad un valore di mercato più alto a quello effettivo affinché, nella sostanza, il club cedente possa conseguire una plusvalenza maggiore da iscrivere a bilancio.
Il nuovo sistema, in base a quanto dichiarato dalla medesima UEFA, si pone quale obiettivo, inter alia, quello di eliminare tali falle mediante l’implementazione di una struttura normativa basata su 3
pilastri (i.e. solvibilità, stabilità e controllo dei costi), ricalcando in molti aspetti quanto già previsto e in vigore tramite il sistema di licenze e dal FFP antecedente. La nuova regolamentazione risulterebbe finalizzata a conseguire una migliore gestione di controllo, soprattutto, delle spese sostenute in relazione ai salari dei calciatori professionisti e delle spese inerenti i connessi trasferimenti.
Tra le novità introdotte con il nuovo sistema, nello specifico, è sicuramente da annoverare l’inedito limite di spesa a cui i club dovranno fare necessariamente riferimento. Le nuove norme, infatti, richiedono ai club il rispetto, a far data dal mese di giugno 2022, di un nuovo limite di spesa per stipendi, trasferimenti e commissioni degli agenti nella misura del 70% delle entrate. Il regime così introdotto sarà contemperato da un “periodo di adattamento” che consentirà ai club di adeguarsi progressivamente a tale condizione: il 70%, infatti, entrerà a regime a partire dalla stagione 2025- 2026 e sarà, invece, nella misura del 90% per la stagione 2023-2024 e dell’80% per la stagione2024-2025.
Vengono inoltre modificate le norme regolanti i trasferimenti al “fair market value”: se con il FFP i connessi controlli avevano ad oggetto solo i trasferimenti tra parti correlate (i.e. società riconducibili alla medesima proprietà), il nuovo FRS ha esteso il campo di applicazione a tutti gli scambi, senza distinzione alcuna. Tale ottica è stata altresì implementata in tema di sponsorizzazioni ponendo sotto la lente di ingrandimento anche le sponsorizzazioni non conseguite con parti correlate.
Occorre precisare, inoltre, che i summenzionati limiti sono stati controbilanciati mediante l’aumento della cd. soglia di scostamento del pareggio di bilancio, che permette ad oggi ai club di registrare, nel periodo di tre anni, perdite per 60milioni (antecedentemente era pari a 30milioni).
Il nuovo sistema, tuttavia, soprattutto con riferimento alle practices elusive sopra rilevate, si scontra inevitabilmente con l’effettiva fattibilità probatoria che gli organi di controllo competenti devono obbligatoriamente tenere in considerazione, evidenziando l’effettiva difficoltà di determinazione oggettiva del valore di scambio di un calciatore o la stima di convenienza di una sponsorizzazione.
Le misure implementate, pertanto, nel modesto parere di chi scrive, potrebbero risultare ancora insufficienti, comportando una penalizzazione per i club con minore capacità economica e rimarcando così sempre di più le differenze inerenti al potere di acquisto rispetto ai club “privilegiati” ….soprattutto qualora in presenza di una linea politica della UEFA non sempre coerente…per 500milioni di ragioni…
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