L’ Italia di Gattuso: tra memoria, dubbi e nuova valorizzazione dei giovani talenti

A cura di Marta Elena Casanova

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Dopo l’ennesimo fallimento,  una sconfitta netta contro la Norvegia che ha compromesso le qualificazioni ai prossimi Mondiali americani, Luciano Spalletti è stato sollevato dall’incarico. La FIGC, con in testa Gabriele Gravina, ha risposto con una scelta che ha fatto discutere: affidare la guida della Nazionale a Gennaro Gattuso.

Una decisione forte, simbolica. E come tutte le scelte simboliche, inevitabilmente divisiva.

Gattuso, Lippi e il modello 2006

Durante la sua presentazione a Coverciano, Gattuso è stato chiaro: il suo modello di riferimento è Marcello Lippi. Il commissario tecnico del Mondiale 2006, l’uomo che più di tutti riuscì a creare un gruppo vincente, cementato su identità e spirito collettivo. Non è un caso che attorno a Gattuso si stia costruendo un contesto tecnico popolato da ex campioni del mondo: Zambrotta, Barzagli, Bonucci, Perrotta. A tutti gli effetti, la FIGC sta provando a ricreare un’“atmosfera 2006”, un’idea di famiglia, di appartenenza e di orgoglio azzurro.

La domanda, però, è inevitabile: basta questo per rilanciare una Nazionale ferita? Riportare in Nazionale gli eroi del passato ha un peso emotivo indiscutibile. Ma un conto è valorizzare la memoria, un altro è costruire un futuro. L’Italia oggi non è quella del 2006. Il contesto tecnico, il livello delle avversarie, le esigenze tattiche e le strutture giovanili sono profondamente cambiate.

Il dubbio, legittimo, che molti si pongono, è se questa operazione abbia radici progettuali o sia, piuttosto, una mossa di reazione. Si può ricostruire una Nazionale moderna affidandosi in blocco al passato? O serve altro?

Gattuso all’Europeo Under 21: un segnale?

A dare qualche indizio sulle intenzioni future è stata la presenza di Gattuso sugli spalti durante Italia-Germania all’Europeo Under 21. Una gara che purtroppo ha sancito l’eliminazione degli Azzurrini  a pochi minuti dai rigori, ma che ha rappresentato anche un’occasione per osservare da vicino i possibili protagonisti del domani.

A fine partita, il CT dell’Under 21, Carmine Nunziata, ha detto con lucidità e amarezza: “Spero che questi ragazzi possano trovare spazio nei loro club, perché senza continuità non potranno crescere”. Un auspicio che è anche un atto d’accusa verso un sistema che non protegge i propri talenti.

Giovani, vivai e il nodo del ricambio

La crisi della Nazionale passa da qui. Non mancano i talenti, ma mancano le condizioni per farli diventare calciatori veri. I vivai non sono più centrali nei progetti dei club. Le grandi di Serie A raramente lanciano ragazzi italiani in pianta stabile. E i pochi che emergono spesso lo fanno non grazie al sistema, ma nonostante il sistema.

Se non si inverte questa tendenza, se non si crea una rete che accompagni i giovani nel salto tra le categorie, ogni progetto tecnico rischia di franare. Gattuso, che ha già convocato oltre 30 giocatori nel primo raduno, dovrà scegliere: tra chi ha esperienza e chi rappresenta la prossima generazione. Ma senza un ecosistema che li sostiene, nemmeno il miglior allenatore può fare miracoli.

Una Nazionale che non può più sbagliare

L’Italia ha vinto quattro Mondiali. È la seconda nazionale più titolata della storia. Ma non partecipa a un Mondiale dal 2014, e oggi rischia seriamente di mancare anche quello del 2026. Sarebbe la terza assenza consecutiva: un’onta sportiva che nessun paese calcisticamente strutturato può permettersi.

Non è solo una questione d’immagine: è anche una questione economica. La FIGC ha stimato che la mancata partecipazione al Mondiale in Qatar del 2022 è costata oltre 10 milioni di euro, di più tra premi FIFA, diritti TV e sponsorizzazioni. Un’altra esclusione significherebbe un colpo durissimo anche sul piano finanziario, con ripercussioni a cascata su tutto il movimento calcistico italiano, dai vivai fino alla Serie C. Perdere ancora significherebbe anche diventare meno appetibili per i giovani tifosi, sempre più attratti dal calcio inglese o spagnolo.

Gattuso è una figura forte, diretta, autentica. Il richiamo al 2006 può dare energia, ma non può essere il cuore del progetto. Servono idee, metodo, e una visione che guardi al futuro. Il segnale lanciato con la sua presenza all’Europeo Under 21 è importante, ma deve essere seguito da scelte strutturali.

L’Italia ha bisogno di tornare competitiva, ma soprattutto credibile. E per farlo non bastano le emozioni o i nomi del passato. Serve costruzione, pazienza e soprattutto coraggio: quello di puntare davvero sui giovani, e non solo a parole.

A cura di Marta Elena Casanova

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